Verità per Giulio Regeni

Il 25 gennaio 2016, quinto anniversario della rivoluzione egiziana, scompare Giulio Regeni, studente di dottorato all’Università di Cambridge. È torturato e ucciso in Egitto, paese governato dal regime del generale al-Sisi, dove i diritti umani sono sempre più violati. Valigia Blu ripercorre con questa timeline tutte le tappe di una vicenda che ha visto susseguirsi smentite, depistaggi, indagini giudiziarie e giornalistiche, ipotesi di complotti, silenzi e accuse politiche.

Il corpo di Giulio viene ritrovato lungo il ciglio di una strada i primi giorni del mese di febbraio. Subito non c’è chiarezza sulle cause della morte. Le autorità egiziane infatti producono due differenti ricostruzioni. Inizialmente l’Egitto non collabora con gli inquirenti italiani che hanno aperto un’indagine. Non vengono ad esempio forniti tutte le prove richieste dalla Procura di Roma. Una situazione che porta il governo italiano a ritirare l’ambasciatore Maurizio Massari dall’Egitto, sostituito poi l’11 maggio da Giampaolo Cantini, tuttavia, non ancora operativo al Cairo.

L’ostruzionismo dell’Egitto sul caso di Giulio Regeni va avanti da anni con tentativi di depistaggio, bugie, falsi documentari e tattiche burocratiche per ostacolare le indagini e rallentare il processo.

Nel frattempo, in questi anni, la famiglia di Giulio Regeni, amici e organizzazioni non governative hanno portato avanti appelli, petizioni e mobilitazioni per chiedere la verità sulla sua morte.

Verità per Giulio Regeni

Verità per Giulio Regeni
2023
dicembre 4

Riprende l’udienza preliminare del processo sull’omicidio di Giulio Regeni

Riprende oggi 4 dicembre l'udienza preliminare del processo sull’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016.
Il processo non è mai partito per l’ostruzionismo del Governo egiziano che ha cercato prima di rallentare le indagini, poi di fuorviarle, poi di incidere sull’accertamento della verità da parte dell’Italia. Da due anni è fermo il giudizio contro quattro appartenenti alle forze di sicurezza della Repubblica araba d’Egitto: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Mohamed Athar Kamel e Helmy Uhsam, il maggiore Magdi Ibrahim Sharif. Sono accusati di aver rapito al Cairo, la sera del 25 gennaio 2016, il ricercatore italiano Giulio Regeni, ritrovato cadavere lungo la strada per Alessandria il 3 febbraio successivo. Il maggiore Sharif è accusato anche delle percorse e dell’omicidio di Giulio. A loro non è mai stato impossibile notificare gli atti del procedimento perché l’Egitto non ha mai comunicato i loro recapiti, circostanza che ha finora bloccato il processo per decisione della Corte d’assise di Roma e poi della Corte di cassazione. La procedura si è sbloccata a fine settembre quando la Corte Costituzionale ha deciso che sarebbe stato possibile procedere anche se gli imputati risultano irreperibili. L’udienza preliminare è la fase intermedia tra la conclusione delle indagini preliminari e l’inizio del processo vero e proprio (il dibattimento), e serve a capire se la pubblica accusa ha richiesto il rinvio a giudizio in maniera fondata.
settembre 28

Processo Regeni, la Consulta accoglie la questione di legittimità: “Gli imputati possono essere giudicati anche in loro assenza”

L’Egitto non può impedire che l’Italia processi gli imputati per il sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio Regeni, e il giudizio nei loro confronti potrà celebrarsi anche in loro assenza. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale. Con questa decisione, che sarà illustrata nel dettaglio dalla motivazione della sentenza nei prossimi giorni, la Corte ha sostanzialmente accolto la richiesta avanzata dalla Procura di Roma. L’ostruzionismo dell’Egitto sul caso di Giulio Regeni va avanti da anni con tentativi di depistaggio, bugie, falsi documentari e tattiche burocratiche per ostacolare le indagini e rallentare il processo. Da due anni è fermo il giudizio contro quattro appartenenti alle forze di sicurezza della Repubblica araba d’Egitto: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Mohamed Athar Kamel e Helmy Uhsam, il maggiore Magdi Ibrahim Sharif. Sono accusati di aver rapito al Cairo, la sera del 25 gennaio 2016, il ricercatore italiano Giulio Regeni, ritrovato cadavere lungo la strada per Alessandria il 3 febbraio successivo. Il maggiore Sharif è accusato anche delle percorse e dell’omicidio di Giulio. A loro non è mai stato impossibile notificare gli atti del procedimento perché l’Egitto non ha mai comunicato i loro recapiti, circostanza che ha finora bloccato il processo per decisione della Corte d’assise di Roma e poi della Corte di cassazione. Ora si ritorna dal gup di Roma che potrà nuovamente rinviare a giudizio gli imputati, con un esito del suo provvedimento diverso rispetto al passato.
2022
aprile 15

«Rogatoria negli Usa sui profili social per rintracciare» gli imputati egiziani nel processo Regeni

Tramite una rogatoria negli Usa potrebbe passare la ricerca dei recapiti dei quattro funzionari della National Security egiziana accusati del sequestro e dell'uccisione di Giulio Regeni necessari ad avviare il processo a Roma nei loro confronti, scrive il Corriere della Sera: "Scavando «negli ambiti social ipoteticamente associabili agli imputati» infatti, attraverso «una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale da indirizzare alle competenti autorità degli Stati Uniti d’America» sarebbe forse possibile risalire alle «informazioni anagrafiche e ai log files associati agli account di interesse » sui profili Facebook o Instagram utilizzati da alcuni di loro". Il Corriere spiega ancora che si tratta di "un ulteriore, difficile tentativo suggerito dai carabinieri del Ros alla magistratura italiana, che comunque potrebbe andare a scontrarsi col muro egiziano". Nel frattempo Alessandra Bellerini, legale dei genitori di Giulio Regeni, ha lanciato un appello – tradotto anche in inglese e arabo – su Facebook per cercare gli indirizzi dei quattro 007 egiziani, pubblicando anche le foto degli imputati in Italia, riporta l'Ansa: "Sappiamo chi sono, che facce hanno e sappiamo quanto male sono capaci di fare. Ci aiutate a cercarli? Ci servono i loro indirizzi di residenza per poterli processare in Italia. Aiutateci a trovarli".
2021
dicembre 1

Commissione d’inchiesta parlamentare: “La responsabilità per l’uccisione di Regeni è degli apparati di sicurezza egiziani”

"La responsabilità del sequestro, della tortura e dell'uccisione di Giulio Regeni grava direttamente sugli apparati di sicurezza della Repubblica araba d'Egitto, e in particolare su ufficiali della National Security Agency (NSA), come minuziosamente ricostruito dalle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma. I responsabili dell'assassinio di Giulio Regeni sono al Cairo, all'interno degli apparati di sicurezza e probabilmente anche all'interno delle istituzioni". Questo si legge nella relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte nel 2016 del ricercatore italiano in Egitto al termine di due anni di lavori, riporta l'Ansa. La responsabilità, si legge ancora nel documento, non è limitata ai membri della Sicurezza, ma riguarda anche il regime egiziano e le istituzioni del Paese nordafricano: “La mancata comunicazione da parte egiziana del domicilio degli imputati, nonostante gli sforzi diplomatici profusi al fine di conseguirla, non si risolve nella mera fuga dal processo, ma sembra costituire una vera e propria ammissione di colpevolezza da parte di un regime che sembra aver considerato la cooperazione giudiziaria alla stregua di uno strumento dilatorio finalizzato a recuperare il precedente livello delle relazioni bilaterali, e non certo la via maestra per assicurare alla giustizia gli assassini di Giulio Regeni”. La relazione finale sottolinea pure che dal 2018 in poi è stato avviato un processo di normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto che ha avuto conseguenze negativa sull'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni: “L’esercizio della pressione diplomatica, anche a livello europeo, resta la più efficace risorsa a disposizione del Governo. Lo ha dimostrato, a suo tempo, l’esperienza del richiamo a Roma dell’allora ambasciatore al Cairo. La Commissione ha potuto però accertare come, a partire dal 2018, le relazioni bilaterali tra i due Paesi abbiano subito una nuova evoluzione iniziando un lento processo di normalizzazione testimoniato dalla ripresa di visite ad alto livello che seppur caratterizzate dalla richiesta di cooperazione sulla ricerca di verità e giustizia hanno ingenerato un equivoco destinato a segnare una soluzione di continuità gravida di conseguenze per gli sviluppi del caso Regeni. Se dalla parte italiana la ripresa dei contatti ad alto livello era intesa come ulteriore forma di sensibilizzazione della leadership egiziana alla soluzione del caso nell’auspicio di un rinnovato partenariato strategico, nella controparte si è invece ingenerata l’opinione che la questione fosse chiusa o almeno confinata ad una dimensione laterale, consentendo di tornare al business as usual”.
ottobre 14

Sospeso il processo per l’assassinio di Giulio Regeni. Gli atti devono tornare al Gup

Il processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati di sequestro, tortura e omicidio di Giulio Regeni nel 2016 viene sospeso. I giudici della III Corte d'Assise di Roma annullano il rinvio a giudizio disposto dal Giudice dell'udienza preliminare (Gup) nel maggio scorso e rinviano gli atti per cercare di rendere effettiva la conoscenza del processo agli imputati. Il rischio sarebbe la nullità del procedimento. A parere della Corte d'assise di Roma, riporta l'Ansa, "il decreto che disponeva il giudizio era stato notificato agli imputati comunque non presenti all'udienza preliminare mediante consegna di copia dell'atto ai difensori di ufficio nominati, sul presupposto che si fossero sottratti volontariamente alla conoscenza di atti del procedimento. Le richieste inoltrate tramite rogatoria all'autorità giudiziaria egiziana contenenti l'invito a fornire indicazioni sulle compiute generalità anagrafiche e sugli attuali 'residenza o domicilio' utili per acquisire formale elezione di domicilio non hanno avuto alcun esito. L'acclarata inerzia dello Stato egiziano a fronte di tali richieste del ministero della Giustizia italiano, certamente pervenute presso l'omologa autorità egiziana, seguite da reiterati solleciti per via giudiziaria e diplomatica nonché da appelli di risonanza internazionale, effettuato dalle massime autorità dello Stato italiano, ha determinato l'impossibilità di notificare agli imputati, presso un indirizzo determinato, tutti gli atti del procedimento a partire dall'avviso di conclusione delle indagini. Gli imputati, dunque, non sono stati raggiunti da alcun atto ufficiale". Ora il Gup dovrà utilizzare tutti gli strumenti possibili, compresa una nuova rogatoria con l'Egitto, per rendere effettiva e non solo presunta la conoscenza agli imputati del procedimento a loro carico. «Prendiamo atto con amarezza della decisione della corte d’assise che premia la prepotenza egiziana – commenta Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni –. È una battuta di arresto, ma non ci arrendiamo. Pretendiamo dalla nostra giustizia che chi ha torturato e ucciso Giulio non resti impunito. Chiedo a tutti voi di rendere noti i nomi dei 4 imputati e ribaditelo, così che non possano dire che non sapevano»
ottobre 14

Inizia il processo per l’omicidio di Giulio Regeni. La presidenza del Consiglio si costituisce parte civile

Incomincia il processo nei confronti dei quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del sequestro e dell'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016. L'agenzia Ansa scrive che nella prima udienza, davanti alla terza Corte d'Assise di Roma, verrà affrontata la questione legata all'assenza in aula degli imputati: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif: "I giudici dovranno valutare, così come già fatto dal gup nell'ambito dell'udienza preliminare, se la sottrazione degli imputati dal procedimento è stata volontaria. In tal senso il processo potrà andare avanti con i quattro in contumacia, altrimenti i giudici potrebbero chiedere una sospensione del procedimento. Il gup, su questo punto, aveva affermato nel decidere per il rinvio a giudizio che 'la copertura mediatica capillare e straordinaria ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio'". Il giorno prima dell'inizio del procedimento, la presidenza del Consiglio comunica di essersi costituita parte civile.
settembre 29

Commissione d’inchiesta a Cambridge: audita la docente del ricercatore italiano

La commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni ha audito la professoressa Maha Abdelrahman, supervisor della ricerca di dottorato dello studente italiano. "L’audizione è avvenuta a Cambridge, dove una delegazione della commissione sta svolgendo una missione per incontrare le autorità accademiche e i docenti del giovane ucciso in Egitto. (...) I commissari hanno avuto modo di approfondire gli aspetti relativi all’attività accademica di Giulio Regeni, le iniziative assunte alla notizia della scomparsa dello studente e i termini delle successive fasi di collaborazione con le autorità italiane", scrive il Fatto Quotidiano. Nel corso della missione, si legge ancora, "la delegazione parlamentare ha potuto constatare la piena disponibilità manifestata dall’Università a contribuire ai lavori dell’inchiesta parlamentare". L’ultima audizione in calendario per la Commissione, prima di procedere alla stesura della relazione finale, è pianificata per giovedì 30 settembre con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
maggio 25

Omicidio Regeni: rinviati a giudizio quattro militari egiziani

Il Gup di Roma, accogliendo la richiesta della Procura, ha rinviato a giudizio quattro agenti dei servizi segreti egiziani – Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif – per avere sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore italiano Giulio Regeni. L'inizio del processo è stato fissato per il prossimo 14 ottobre, scrive l'Ansa. L'avvocata della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, ha dichiarato: «Paola e Claudio dicono spesso che su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani. Da oggi abbiamo la fondata speranza che almeno il diritto alla verità non verrà violato. Ci abbiamo messo 64 mesi, ma quello di oggi è un buon traguardo e un buon punto di partenza». Il pubblico ministero di Roma, Sergio Colaiocco, riporta il Fatto Quotidiano, "ha sottolineato in aula che la 'nuova sfida' del processo sarà ottenere che tutti i testimoni, soprattutto gli egiziani, vengano in Italia a ripetere in dibattimento quanto già dichiarato nel corso delle indagini. Un fatto non scontato, dati gli attuali rapporti con la procura generale del Cairo che a dicembre ha reso pubblico un provvedimento in cui escludeva 'che i sospetti nei confronti degli indagati siano fondati' e sosteneva che i magistrati di Roma avessero 'occultato le prove che potevano essere utili alle indagini egiziane'".
gennaio 25

Regeni, cinque anni fa la scomparsa. Mattarella: “L’Egitto dia risposte”

Nel giorno del quinto anniversario della scomparsa di Giulio Regeni in Egitto, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilasciato una nota in cui chiede al paese governato dal generale al Sisi una "piena e adeguata risposta". "Sono trascorsi cinque anni – si legge nel messaggio del Capo dello Stato – dal rapimento a Il Cairo di Giulio Regeni, poi torturato e barbaramente ucciso dai suoi spietati aguzzini. Un giovane italiano, impegnato nel completare il percorso di studi, ha visto crudelmente strappati i propri progetti di vita con una tale ferocia da infliggere una ferita assai profonda nell’animo di tutti gli italiani. In questo giorno di memoria desidero anzitutto rinnovare sentimenti di vicinanza e solidarietà ai genitori di Giulio Regeni, che nel dolore più straziante sono stati capaci in questi anni di riversare ogni energia per ottenere la verità, per chiedere che vengano ricostruite le responsabilità e affermare così quel principio di giustizia che costituisce principio fondamentale di ogni convivenza umana e diritto inalienabile di ogni persona. L’azione della Procura della Repubblica di Roma, tra molte difficoltà, ha portato a conclusione indagini che hanno individuato un quadro di gravi responsabilità, che, presto, saranno sottoposte al vaglio di un processo, per le conseguenti sanzioni ai colpevoli. Ci attendiamo piena e adeguata risposta da parte delle autorità egiziane, sollecitate a questo fine, senza sosta, dalla nostra diplomazia. In questo doloroso anniversario rinnovo l’auspicio di un impegno comune e convergente per giungere alla verità e assicurare alla giustizia chi si è macchiato di un crimine che ha giustamente sollecitato attenzione e solidarietà da parte dell’Unione Europea. Si tratta di un impegno responsabile, unanimemente atteso dai familiari, dalle istituzioni della Repubblica, dalla intera opinione pubblica europea".
gennaio 20

Regeni, la Procura di Roma chiede il processo per quattro agenti dei servizi segreti egiziani

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro appartenenti ai servizi segreti egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell'omicidio di Giulio Regeni, riporta l'Ansa: "Per il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif le accuse variano dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate". L'udienza davanti al giudice dell'udienza preliminare (Gup) si terrà il prossimo 29 aprile, si legge su Repubblica: "La prima questione da affrontare davanti al giudice sarà l'assenza dell'elezione di domicilio per gli imputati. Il gup dovrà, infatti, affrontare questo tema oggetto di rogatoria della procura di Roma firmata dal procuratore Michele Prestipino e dal pm Sergio Colaiocco nell'aprile del 2019 e più volte sollecitata nel corso degli incontri con le autorità egiziane".
2020
dicembre 10

Regeni, la Procura di Roma chiude le indagini. Quattro agenti dei servizi segreti egiziani verso il processo

La Procura di Roma ha chiuso l'inchiesta sul sequestro e sull'uccisione di Giulio Regeni avvenuta in Egitto a inizio 2016. I pubblici ministeri hanno emesso quattro avvisi di chiusura delle indagini, che precede la richiesta di processo, per appartenenti ai servizi segreti egiziani. Le accuse, a seconda delle posizioni, sono di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate, riporta l'Ansa: "A rischiare il processo sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Quest'ultimo indagato, oltre al sequestro di persona pluriaggravato contestato a tutti, è accusato di lesioni personali aggravate (essendo stato introdotto in Italia il reato di tortura solo nel luglio del 2017) e l'omicidio del ricercatore friulano. Chiesta l'archiviazione invece per Mahmoud Najem. 'Per quest'ultimo – spiega una nota della Procura di Roma – non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l'accusa in giudizio'". I magistrati italiano hanno inoltre comunicato che la notifica della conclusioni "delle indagini è avvenuta tramite il rito degli irreperibili" direttamente ai difensori di ufficio italiani non essendo pervenuta l'elezione di domicilio degli indagati dal Cairo.
dicembre 2

Procura di Roma: pronti a chiudere le indagini sull’uccisione di Giulio Regeni

La Procura di Roma comunica di essere pronta a chiudere le indagini nei confronti di cinque appartenenti ai servizi segreti egiziani accusati del sequestro di Giulio Regeni. La decisione è stata comunicata oggi dal procuratore Michele Prestipino al collega egiziano, Hamada al Sawi, durante un incontro svoltosi in videoconferenza. L'autorità giudiziarie egiziani hanno avanzato però "riserve sulla solidità del quadro probatorio che ritiene costituito da prove insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio", si legge in una nota congiunta degli uffici giudiziari italiani ed egiziani riportata dall'Ansa. Per la Procura Generale d'Egitto "l'esecutore materiale dell'omicidio di Giulio Regeni è ancora ignoto". Gli inquirenti egiziani hanno inoltre affermato di "avere raccolto prove sufficienti nei confronti di una banda criminale accusata di furto aggravato degli effetti di Regeni che sono stati rinvenuti nell'abitazione di uno dei membri della banda criminale". Quella della "banda di criminali comuni" era stata considerata dagli stessi magistrati romani una pista sbagliata su cui indagare e ritenuta una forma di depistaggio delle indagini sull'uccisione del ricercatore italiano. Paola e Claudio Regeni e l'avvocatessa Alessandra Ballerini in una nota hanno affermato di prendere atto "dell'ennesimo incontro infruttuoso tra le due procure. (...) Se da un lato apprezziamo la risoluta determinazione dei nostri procuratori che hanno saputo concludere le indagini, senza farsi fiaccare né confondere dai numerosi tentativi di depistaggio, dalle interminabili dilazioni e dalle mancate risposte egiziane, d'altra parte non possiamo che stigmatizzare una volta di più la costante e plateale assenza di collaborazione da parte del regime che continua a non rispondere alla rogatoria del 29 aprile 2019 e non ha neppure voluto fornire l'elezione di domicilio dei 5 funzionari della National Security iscritti nel registro degli indagati due anni fa". Per questi motivi, i genitori di Giulio Regeni hanno chiesto al governo italiano di "prendere atto di questo ennesimo schiaffo in faccia e richiamare immediatamente l'ambasciatore".
2019
dicembre 3

Si insedia la commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Dopo essere stata istituita lo scorso 30 aprile con un voto del Parlamento, si insedia la Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. Erasmo Palazzotto di Leu è eletto presidente: "La commissione comincia a lavorare da oggi, stiamo già procedendo a fare il lavoro propedeutico per iniziare i lavori il prima possibile e per recuperare il tempo perduto perché la ricerca della verità e di giustizia per l'uccisione di Giulio Regeni devono essere una priorità per questo paese".
giugno 24

La lettera dei genitori di Regeni: “Ritirare gli ambasciatori dall’Egitto, paese da dichiarare non sicuro”

In una lettera inviata ai deputati delle Commissioni Esteri della Camera e del Bundestag tedesco riunitisi a Berlino per rafforzare le relazioni parlamentari, Paola e Claudio Regeni scrivono: "Dichiarare l'Egitto Paese non sicuro e richiamare i nostri ambasciatori potrebbe essere un segnale forte di pretesa di rispetto dei diritti umani". I genitori rivolgono così un appello ai politici italiani e tedeschi: "Tramite il presidente della Camera Roberto Fico che ci ha dimostrato fin dal primo istante concreta e affettuosa vicinanza, vi chiediamo di non lasciarci soli nella nostra pretesa di verità. Giulio era un cittadino europeo e merita l'impegno di tutte le nostre istituzioni".
maggio 5

La confessione indiretta dell’agente egiziano sul sequestro di Giulio Regeni

Una confessione indiretta potrebbe rappresentare una svolta nell'inchiesta della Procura di Roma sull'uccisione di Giulio Regeni, scrive Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera. "Uno dei funzionari della National security egiziana sospettati del sequestro di Giulio Regeni ha raccontato di aver partecipato al «prelevamento» del giovane ricercatore italiano rapito al Cairo la sera del 25 gennaio 2016 e ritrovato cadavere una settimana più tardi: «Credevamo che fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io sono andato e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo. Io l’ho colpito al volto». È la sintesi di ciò che l’agente della sicurezza egiziana ha confidato a un collega straniero nel corso di una riunione di poliziotti africani, avvenuta in un Paese di quel continente nell’estate 2017", si legge sul quotidiano italiano. "A rivelare l’episodio – continua il giornalista – è una persona che ha assistito alla conversazione tra il funzionario del Cairo e il suo interlocutore" e che ha poi riportato il contenuto di questo dialogo ai legali e consulenti della famiglia Regeni. In base a questa testimonianza, considerata attendibile dai pm romani e congruente con altri elementi dell'indagine, la Procura ha inoltrato all'Egitto una nuova rogatoria in cui si chiedono informazioni che potrebbero fornire ulteriori riscontri.
2018
dicembre 2

L’Egitto contro l’indagine dei pm italiani sugli 007 del Cairo

Gli inquirenti egiziani respingono la decisione dei pm italiani di iscrivere nel registro degli indagati alcuni agenti dei servizi egiziani, scrive l'Ansa. La notizia è stata riferita da una fonte giudiziaria egiziana all'agenzia Mena. La stessa fonte sottolinea poi come l'attività di sorveglianza degli agenti rientri nei loro compiti. Gli inquirenti egiziani chiederebbero infine "ai colleghi italiani di indagare sul perché il ricercatore fosse entrato in Egitto con un visto turistico, e non con un visto per studenti, nonostante avesse in programma di condurre una ricerca accademica", continua l'agenzia di stampa.
novembre 29

Fico, presidente della Camera: “Sospesi i rapporti con il Parlamento egiziano”

Il presidente della Camera, Roberto Fico, annuncia in un'intervista al Tg1 che «con grande rammarico (...) la Camera dei deputati sospenderà ogni tipo di relazione diplomatica con il Parlamento egiziano fino a quando non ci sarà una svolta vera nelle indagini e un processo che sia risolutivo». Fico continua ricordando la sua visita al Cairo nel settembre scorso: «Avevo detto sia al presidente Al Sisi sia al presidente del Parlamento egiziano che eravamo in una situazione di stallo. Avevo avuto delle rassicurazioni ma ad oggi non è arrivata nessuna svolta».
novembre 29

Nessun passo in avanti dal Cairo. La decisione dei magistrati di Roma: primi indagati tra i funzionari dei servizi segreti egiziani

I pubblici ministeri della Procura di Roma stanno per formalizzare le prime iscrizioni nel registro degli indagati nel procedimento sul sequestro e l'uccisione di Giulio Regeni in Egitto, scrive l'Ansa citando fonti giudiziarie. Si tratta di poliziotti e appartenenti al servizio segreto civile egiziano, identificati nei mesi scorsi dal Ros e dallo Sco (Servizio Centrale operativo), che avrebbero avuto un ruolo nel sequestro di due anni fa di Regeni e nel depistaggio messo in atto dopo il ritrovamento del cadavere. Una decisione da parte dei pm italiani comunicata dopo il nuovo incontro avvenuto al Cairo tra gli inquirenti italiani e quelli egiziani sulla vicenda del ricercatore italiano. Uno scatto in avanti che, secondo chi indaga, non avrà ripercussioni sull'attività congiunta svolta in questi anni tra le due autorità giudiziarie e che durerà anche nei prossimi mesi. Nonostante ciò, però, spiega Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, "la decisione della Procura della Repubblica di Roma (...) sancisce l'insoddisfazione per i risultati raggiunti finora dalla magistratura egiziana. E il fallimento della via diplomatica all'accertamento della verità sulla morte del ricercatore friulano, scomparso il 25 gennaio 2016 e ritrovato cadavere una settimana più tardi". Il giornalista spiega anche come sarebbe nata la decisione dei magistrati italiani: "Nel 2017 [ndr i pm romani] avevano affidato ai poliziotti del Servizio centrale operativo e ai carabinieri del Ros l'analisi dei tabulati telefonici e delle testimonianze ricevute dall'Egitto, attraverso la sovrapposizione dei movimenti di alcuni funzionari della Sicurezza egiziana con quelli di Regeni. Ne è scaturita un' informativa in cui si evidenzia il forte sospetto che il ricercatore sia stato sorvegliato e seguito da almeno cinque uomini della National Security, fino al 22 gennaio. E che avrebbero ricominciato il 25, data della scomparsa. L'informativa degli investigatori italiani è stata consegnata agli egiziani, perché prendessero atto dei risultati e procedessero a ulteriori indagini. Fino all'eventuale incriminazione dei sospettati. Ma dopo un anno non è cambiato nulla, e nella riunione di due giorni fa i magistrati locali hanno ribadito che gli elementi raccolti non sono sufficienti per celebrare un processo. Affermazione plausibile, ma non sufficiente a giustificare il sostanziale immobilismo degli ultimi dodici mesi. Di qui la decisione dei pm romani di inquisire autonomamente quei cinque nomi secondo le regole del codice italiano, per provare a svolgere ulteriori verifiche che certo da qui non sono agevoli".
giugno 27

Nota congiunta delle procure italiana ed egiziana: “Nei filmati delle telecamere buchi temporali e nessuna immagine di Giulio”

La procura di Roma e quella del Cairo in una nota congiunta comunicano che nei filmati finora visionati delle telecamere posizionate all’interno della metropolitana del Cairo non c’è ombra di Giulio Regeni. I due uffici giudiziari spiegano inoltre che «dall’esame delle registrazioni acquisite alle indagini è emerso che vi sono diversi ’buchi’ temporali in cui non vi sono né video né immagini» e che pertanto «sono necessari ulteriori e approfondite indagini tecniche per accertare le cause». Al termine di questi ulteriori accertamenti le due procure fanno sapere che si incontreranno per un confronto «sulle attività di indagine fin qui compiute». Scrive la Stampa che "il materiale consegnato è frutto dell’attività istruttoria svolta congiuntamente da un team di esperti russi alla presenza di inquirenti sia italiani sia egiziani e durata circa 15 giorni. Grazie ad un software sviluppato appositamente dalla società russa è stato possibile salvare circa 10,5 giga di dati, tra «frame» e video".
febbraio 13

La famiglia Regeni: “Ambasciatore inviato sei mesi fa per scoprire la verità. Missione fallita”

A sei mesi dalla decisione del governo Gentiloni di rinviare l'ambasciatore d'Italia al Cairo dopo l'omicidio di Giulio Regeni, la famiglia del ricercatore italiano in una nota (firmata con il loro avvocato, Alessandra Ballerini) parla di "fallimento" della missione a lui affidata che "doveva consentire il raggiungimento della verità processuale su 'tutto il male del mondo' inferto su nostro figlio", riporta l'Ansa. "Abbiamo perso tempo – si legge nel comunicato –. Non è possibile normalizzare i rapporti con uno stato che tortura, uccide e nasconde oltraggiosamente la verità, se non a scapito della credibilità politica del nostro Paese e di chi lo rappresenta. Crediamo sia necessario un immediato cambio di rotta. Occorre alzare la voce e pretendere, senza ulteriori indugi. Sono trascorsi sei mesi dalla decisione del nostro Governo di rinviare l'ambasciatore al Cairo. Noi, e con noi tutti quelli che in ogni angolo del mondo hanno a cuore la Verità sul sequestro, le torture e la morte di nostro figlio Giulio, temevamo che questo gesto sarebbe stato interpretato come una resa incondizionata a quel potere che ha annientato Giulio e che occulta impunemente la verità da ormai due anni. Ed in effetti l'ambasciatore Cantini non aveva ancora fatto in tempo ad insediarsi che le autorità egiziane, forti di questa "normalizzazione dei rapporti" provvedevano a oscurare il sito della Ecrf, l'Ong alla quale appartengono i nostri consulenti egiziani; arrestare in aeroporto l'avvocato Ibrahim Metwaly che stava recandosi a Ginevra invitato dall'Onu a riferire sulle sparizioni forzate e sul caso di Giulio (il legale è ancora in carcere, sottoposto a trattamenti inumani e degradanti); disporre una perquisizione ed un tentativo di chiusura della Ecrf". Riguardo poi alla collaborazione della Procura egiziana con gli inquirenti italiani, Claudio e Paola Regeni denunciano: "I video della metropolitana non sono mai stati consegnati e, ad oggi, non si sa neppure se qualche e quale ditta sia stata incaricata del loro recupero. La Procura generale egiziana si era impegnata, come si legge nel comunicato del 21 dicembre scorso a 'proseguire le indagini, sulla base anche delle ipotesi investigative formulate dai magistrati italiani'. Da allora non è stata registrata in realtà nessuna 'reazione' da parte della magistratura egiziana sulla informativa italiana che ricostruisce le precise responsabilità di nove funzionari di pubblica sicurezza egiziani perfettamente individuati". "Sono passati, da quel 14 agosto, altri sei mesi. Le atrocità commesse dal governo egiziano, a dispetto della volontà di alcuni, non sono state dimenticate, non solo dal 'popolo giallo' ogni giorno più numeroso, ma dalle centinaia di altre famiglie che hanno subito e subiscono continuamente le sparizioni forzate dei loro cari. Se, come ci era stato garantito dal nostro Governo, l'invio dell'ambasciatore, doveva consentire il raggiungimento della verità processuale su 'tutto il male del mondo' inferto su nostro figlio, il fine evidentemente non è stato raggiunto e la missione in questo senso è fallita". La nota si conclude con una richiesta di accelerazione nelle indagini: "Ora serve senza ulteriori indugi, un incontro tra le due procure finalizzato all'immediata consegna dei video della metropolitana e alla concertazione di una strategia investigativa comune sulle nove persone già identificate come responsabili dai nostri investigatori e magistrati. Solo così la presenza dell'ambasciatore Cantini al Cairo non avrà il sapore di una resa ma acquisterà la dignità di una pretesa e, possibilmente, di una conquista di giustizia".
gennaio 25

La lettera del Procuratore capo di Roma sullo stato delle indagini sull’uccisione di Regeni

Giuseppe Pignatone, procuratore capo della Procura di Roma, scrive una lettera, pubblicata su Repubblica e Corriere della Sera, sullo stato delle indagini a circa due anni dalla morte di Giulio Regeni in Egitto. Pignatone spiega innanzitutto quali sono state le prime complicazioni nell'inchiesta: "La circostanza che i tragici fatti siano avvenuti in Egitto ha avuto come naturale conseguenza il fatto che spetti, innanzitutto, alle autorità di quel Paese il diritto, ma anche il dovere, di svolgere le indagini. Noi — magistrati e polizia giudiziaria italiani — possiamo solo collaborare e supportare le attività degli inquirenti egiziani, anche con proposte e sollecitazioni; non possiamo, invece, immaginare di raccogliere fuori dall’Egitto elementi decisivi per la individuazione dei responsabili". Il procuratore ringrazia poi il collega egiziano Nabeel A. Sadek perché "per la prima volta, credo, un Procuratore Generale di un altro Paese è venuto in Italia, pur in assenza di trattati, per condividere i risultati delle sue attività d’indagine e noi siamo andati al Cairo con lo stesso scopo". In tutto, gli incontri tra le due procure sono stati sette. Pignatone specifica poi che questa collaborazione è stata attivata tramite la parallela collaborazione tra i due governi e aggiunge "senza dubbio, su questo ha giocato un ruolo fondamentale la spinta della opinione pubblica, anche internazionale". Pignatone elenca poi alcune "difficoltà oggettive" e "ostacoli" (in parte superati, dice) di questa tipologia di collaborazione: "Nella nostra attività di magistrati, siamo chiamati ad agire nel rispetto di determinati criteri e modalità, nonché sulla base della nostra consolidata cultura giuridica; non sempre è stato facile entrare nella mentalità del mondo arabo e misurarci con un ordinamento giuridico dalle regole processuali e prassi investigative del tutto differenti. Solo per fare un esempio, per non spezzare il filo della collaborazione abbiamo dovuto prendere atto dell’impossibilità giuridica di essere presenti quando i colleghi del Cairo ascoltano i testimoni". Il procuratore capo ricorda poi che a dicembre, durante l’ultimo incontro al Cairo con i colleghi egiziani, è stata condivisa l’informativa, "contenente la ricostruzione minuziosa di tutti gli elementi probatori raccolti sino a quel momento, stilata da Ros e Sco" e che se, quella su Regeni, fosse stata un'indagine ordinaria, "sulla base dell’informativa depositata la Procura avrebbe potuto già trarre alcune, seppur parziali conclusioni. Invece, la collaborazione tra i due uffici impone un percorso più lento e faticoso: condividere l’informativa, dare il tempo ai colleghi di studiarla e, quindi, valutare assieme a loro le successive attività da compiere". Il procuratore capo di Roma continua poi affermando che comunque finora dei "risultati concreti" sono stati raggiunti: è stato evitato che le indagini finissero su "binari sbagliati" "come un’inesistente attività di spionaggio da parte di Giulio, o la responsabilità di una banda di criminali comuni" e sono stati fissati "alcuni punti fermi nel cui quadro dovranno inserirsi i prossimi approfondimenti sull’omicidio". Tra questi punti fermi ci sono: "il movente, pacificamente da ricondurre alle attività di ricerca effettuate da Giulio nei mesi di permanenza al Cairo", è emerso poi "con chiarezza il ruolo di alcune tra le persone che Giulio ha conosciuto nel corso di tali ricerche, persone che lo hanno tradito", inoltre "è stata anche messa a fuoco l’azione degli apparati pubblici egiziani che già nei mesi precedenti avevano concentrato su Giulio la loro attenzione, con modalità sempre più stringenti, fino al 25 gennaio". Per quanto riguarda Cambridge e in particolare Maha Abdelrahman, la tutor di Regeni nel Regno Unito – ascoltata come testimone dai pm nei primi giorni di gennaio con la successiva acquisizione di suoi oggetti personali (pc, hard disk e cellulare) –, Pignatone dice: "Vi è poi da sottolineare come, dato che il movente dell’omicidio va ricondotto esclusivamente alle attività di ricerca di Giulio, è importante la ricostruzione dei motivi che lo hanno spinto ad andare al Cairo e l’individuazione delle persone con cui ha avuto contatti sia nel mondo accademico, sia negli ambienti sindacali egiziani. Per questo le evidenti contraddizioni tra le dichiarazioni acquisite nell’ambito universitario e quanto emerso dalla corrispondenza intrattenuta da Giulio (recuperata in Italia dal suo computer) hanno imposto di effettuare accertamenti anche nel Regno Unito, resi possibili dalla efficace collaborazione delle Autorità d’Oltremanica. I risultati di tali attività — anche di perquisizione e sequestro di materiale — a un primo esame sembrano utili e sono allo studio dei nostri investigatori". Il magistrato italiano conclude la sua lettere affermando che la procura proseguirà "con il massimo impegno nel fare tutto quanto sarà necessario e utile affinché siano assicurati alla giustizia i responsabili del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio".
gennaio 25

Due anni senza Giulio Regeni, il messaggio dei genitori: “È con la verità che si arriva alla giustizia”. Il ricordo in più di 100 piazze in tutta Italia

Per il secondo anniversario dalla scomparsa di Giulio Regeni in Egitto, Claudio Regeni e Paola Deffendi in un video su facebook affermano: “25 gennaio 2018. 2 anni senza Giulio. Un tempo enorme per avere risposte sul sequestro, tortura e uccisione del nostro caro Giulio. Un tempo incessante, anzi un non tempo, per chi ogni giorno si trova immerso in fatti che accadono o dovrebbero accadere. È il tempo dell’attesa, del lavoro continuo, delle speranze, dei sussulti, delle arrabbiature e sempre incessantemente del dolore. (...) Il popolo giallo uscirà nelle piazze. Ci sarà tanta luce, una luce che vuole illuminare la verità. Una luce che vuole illuminare la ricerca di verità e giustizia, che fin dai primi istanti della tragica e impensabile notizia, abbiamo iniziato a ricercare. Noi vi ringraziamo perché ci siete vicini. Giulio ha subito un’inenarrabile violazione dei diritti umani. La sua barbara uccisione ha riflesso un mondo che per molti era oscurato o appena illuminato. In questi due anni, un aspetto che ci ha accompagnato è l’affetto delle persone che ci circonda. Le innumerevoli iniziative nate per dire con noi “Non ci stiamo, vogliamo verità e giustizia per Giulio e per tutte le persone che giornalmente subiscono violazione dei diritti umani (...)”. Amnesty Italia organizza eventi in più di 100 piazze (qui la mappa) in tutta Italia, in cui alle 19.41 (l'ora in cui il ricercatore inviò il suo ultimo messaggio dal cellulare) "mille luci" si accenderanno "per ricordare la sparizione di Giulio Regeni".
gennaio 24

Consegnato in forma anonima ai pm italiani un documento che incolperebbe l’intelligence militare egiziana. La procura del Cairo: un falso

Diversi media riportano la notizia che ai magistrati romani, che stanno indagando sull'uccisione di Giulio Regeni, sarebbe arrivato "qualche tempo fa", in forma anonima, "un presunto verbale di «consegna del detenuto Regeni» (ndr quindi ancora vivo) da parte del servizio segreto civile della Repubblica Araba d’Egitto ai colleghi del servizio segreto militare". L'obiettivo della consegna del documento, scrivono diversi giornalisti, sarebbe quello di scaricare la responsabilità della morte del ricercatore all'apparato militare di sicurezza del Cairo. Questo mentre le indagini, ricorda Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, "si stanno concentrando su appartenenti alla National security, cioè il Servizio civile". Sull'autenticità del verbale, specifica però il giornalista, ci sarebbero forti dubbi: "Dalle prime verifiche effettuate dagli inquirenti romani, attraverso la polizia giudiziaria e i servizi di informazione italiani, non ci sono elementi per certificarne la genuinità; anzi, per come è confezionato prevale il sospetto che sia un falso, sebbene il testo possa contenere qualche particolare vero o verosimile". I pm italiani hanno trasmesso il documento il presunto verbale ai colleghi egiziani. Nel corso della giornata, la Procura egiziana, tramite un comunicato, definisce poi un falso il documento, riporta Repubblica: "Questa lettera è totalmente falsificata e la Procura generale egiziana ha informato immediatamente il suo omologo italiano nel quadro della fruttuosa cooperazione fra le due parti". La Procura di Roma comunica poi di aver ricevuto la smentita dai colleghi egiziani aggiungendo che "ritenuta pertanto la completa falsità della lettera è stato deciso di ignorarla e di non considerarla una prova nelle indagini".
gennaio 17

Cambridge difende Maha Abdelrahman da “una vergognosa campagna pubblica di denigrazione”

L’Università di Cambridge pubblica una nota ufficiale in cui parla della vicenda di Giulio Regeni, ribadendo il proprio sostegno alle indagini dei procuratori italiani e denunciando che c’è "una vergognosa campagna pubblica di denigrazione, alimentata da convenienze politiche" contro Maha Abdelrahman, la tutor del ricercatore italiano all’università britannica. Il comunicato inizia ricordando che sono passati ormai quasi due anni dall’assassinio di Regeni in Egitto e che ancora si è “ben lontani dal sapere la verità” su ciò che è accaduto “a questo promettente dottorando”. Cambridge prosegue riconoscendo “il dolore profondo vissuto dalla famiglia di Giulio che niente può alleviare” e affermando che la sua morte è “un affronto ai valori di apertura, libertà di pensiero e di ricerca accademica” che la loro università rappresenta. La nota passa poi a parlare della tutor di Regeni nel Regno Unito: “È stato particolarmente preoccupante notare che, in assenza di evidenti progressi nelle indagini sulla morte di Giulio, l'attenzione sia stata rivolta a Maha Abdelrahman”. Cambridge sottolinea che è “in corso un'indagine condotta dalle autorità italiane, con l'aiuto della polizia del Cambridgeshire” e che la dottoressa Abdelrahman, “come supervisore di Giulio” è una testimone che ha collaborato pienamente a questa indagine (rispondendo nel corso del tempo per tre volte alle domande dei magistrati e consegnando volontariamente il materiale richiesto dagli investigatori). Proprio per questo motivo “è molto inquietante scoprire di essere stata vittima di sforzi apparentemente concertati per coinvolgerla direttamente nella morte di Giulio”: “La speculazione pubblica sul coinvolgimento della dottoressa Abdelrahman è stata inaccurata, dannosa e potenzialmente pericolosa. Deriva da un malinteso fondamentale sulla natura della ricerca accademica”, “dimostra una mancanza di comprensione degli scopi e dei metodi accademici” e “mostra una mancata comprensione della relazione intellettuale tra uno studente di dottorato e il suo supervisore”. Cambridge afferma infatti che “non è raro che la ricerca accademica nelle discipline umanistiche e sociali possa interferire con questioni politicamente sensibili” e ricorda che “Giulio era un ricercatore esperto, che aveva già trascorso del tempo in Egitto e parlava fluentemente in arabo”, che “stava usando metodi accademici standard per studiare i sindacati in Egitto”. La nota si conclude evidenziando che Cambridge “ha cercato tutte le strade – pubbliche e private, formali e informali – per far progredire le indagini sulla morte di Giulio”, sollecitando le autorità egiziane, italiane e britanniche a perseguire tutte le piste investigative per arrivare alla verità. Nel farlo “l'Università è stata rispettosa dei vincoli legali (inclusa la capacità di commentare pubblicamente) posti dal processo legale. È stato particolarmente deludente, quindi, constatare che la stessa misura non è stata applicata in altri settori, dove la riservatezza (...) è stata palesemente ignorata”.
gennaio 11

Acquisiti pc, hard disk e cellulare della tutor di Regeni a Cambdridge dalla Procura di Roma, dopo la sua audizione davanti ai magistrati italiani

Maha Abdelrahman, tutor di Giulio Regeni a Cambridge, è stata ascoltata come persona informata sui fatti (e non come indagata) dal pubblico ministero Sergio Colaiocco, affiancato dagli uomini del Ros e dello Sco e in collaborazione con le autorità del Regno Unito. Dopo l'audizione sono stati perquisiti l'ufficio e l'abitazione della docente e sono stati acquisiti pc, pen-drive, hard disk e cellulare di Abdelrahman, riportano l'Ansa e il Guardian. La polizia ha poi chiarito alla BBC che è stata perquisita la casa della tutor e non anche il suo ufficio, aggiungendo che la docente ha collaborato pienamente e volontariamente durante la perquisizione. In una nota diffusa successivamente dalla Procura di Roma si legge che "i supporti informatici e i documenti acquisiti saranno utili a fare definitiva chiarezza, in modo univoco ed oggettivo, sul ruolo della professoressa nei fatti di indagine". Il comunicato diffuso dai pm italiani prosegue spiegando che "la professoressa Maha Abdel Rahman ha accettato di rispondere a tutte le domande poste dagli investigatori inglesi, confermando le dichiarazioni già precedentemente rese". Durante l'audizione, si apprende sempre dall'agenzia stampa, che la tutor avrebbe affermato che l'argomento della ricerca da realizzare al Cairo fu una libera scelta di Giulio Regeni. Sempre l'Ansa scrive che "gli investigatori italiani hanno ottenuto massima collaborazione da parte dei vertici dell'Ateneo britannico che ha disposto la consegna agli inquirenti del traffico delle mail della tutor e una serie di documenti del suo lavoro". Giovanni Bianconi, sul Corriere della Sera, riferisce che la perquisizione sarebbe scattata perché durante l'audizione la docente a precise contestazioni avrebbe risposto con «non so» e «non ricordo». Tra il materiale da analizzare da parte della Procura di Roma, continua il giornalista, "ci sono anche le risposte ai questionari distribuiti a 66 tra studenti e ricercatori di Cambridge che hanno lavorato in Egitto tra il 2010 e il 2015, ottenute grazie alla collaborazione fornita dall’università".
2017
dicembre 21

Cairo, consegnati nuovi elementi probatori dalla procura egiziana ai magistrati italiani

Al procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e al pubblico ministero, Sergio Colaiocco, sono stati consegnati nuovi elementi probatori da parte del team investigativo egiziano che indaga sull'omicidio di Giulio Regeni. La consegna è avvenuta durante l'incontro al Cairo, in cui è stato fatto il punto delle indagini, tra i magistrati italiani e il procuratore egiziano, Nabel Sadek. Al termine della riunione, le due procure hanno diffuso una nota congiunta in cui si legge che "nel corso dell'incontro i magistrati hanno proceduto ad una approfondita disamina dei nuovi elementi che i due uffici si sono scambiati". C'è stato, inoltre, "un aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori della società incaricata del recupero dei video della metropolitana del Cairo". I magistrati italiani hanno illustrato anche "una articolata e attenta ricostruzione dei fatti effettuata dalla polizia giudiziaria italiana sulla base degli atti fin qui consegnati dall'Egitto in via rogatoriale, da ultimo in data 14 agosto scorso. La procura Generale Egiziana ha ricevuto una copia dell'informativa e proseguirà, quindi, le indagini sulla base delle ipotesi investigative formulate dai due uffici". Il 16 dicembre Repubblica aveva pubblicato la notizia che atti dell'inchiesta erano stati consegnati dalle autorità egiziane ad Alessandra Ballarini, legale della famiglia Regeni. Non si conosce ancora il contenuto di quel materiale perché in arabo e quindi da tradurre.
novembre 28

250 accademici internazionali firmano una lettera a supporto della tutor a Cambridge di Regeni

Duecentocinquanta esponenti del mondo accademico internazionale firmano una lettera a supporto di Maha Abdelrahman, la professoressa di Cambridge che supervisionava il lavoro di Regeni. Tra i firmatari c'è anche Gilbert Achcar, professore alla Soas, la School of Oriental and African Studies, di Londra, che al Fattoquotidiano.it dice: «Giulio voleva fare ricerca sui sindacati indipendenti da anni, cioè da prima del colpo di Stato del 2013, e questo argomento non era assolutamente pericoloso». Il sito del quotidiano scrive anche che Gilbert Achcar "ha conosciuto Giulio Regeni diversi anni fa, quando il giovane italiano si recò nel suo ufficio per proporgli la sua tesi di dottorato sulle organizzazioni sindacali egiziane che si erano formate dopo la rivoluzione di Piazza Tahrir" e che il professore ha deciso di firmare la lettera dopo l'articolo di Repubblica del 2 novembre scorso perché «è oltraggioso e denigratorio per una docente che noi stimiamo. Dovevamo reagire perché non è stata certo lei a mandare Giulio a morire. La scelta è caduta poi su di Cambridge e non sulla mia università per una semplice questione di fondi. Inoltre, nessun ricercatore era mai stato in pericolo sino a quel momento: se qualcuno aveva dei problemi con i servizi di sicurezza veniva allontanato dal Paese e non di certo torturato e ucciso». Gli accademici, nella lettera, specificano anche che riguardo al "metodo di ricerca partecipativa" impiegato da Regeni “qualunque scienziato sociale potrebbe verificare che questa è, di fatto, la metodologia di ricerca ideale per studiare questioni contemporanee”.
novembre 4

Le risposte di Rabab El Mahdi, tutor di Regeni in Egitto, ai punti sollevati dai pm romani

Intervistata dal Corriere della Sera, Rabab El Mahdi, tutor di Regeni in Egitto, risponde sui 5 punti sollevati dai pm romani nella rogatoria presentata l'8 ottobre scorso con cui è stato chiesto l'interrogatorio formale di Maha Abderrahma, la professoressa di Cambridge che supervisionava il lavoro del ricercatore italiano.
novembre 2

La tutor di Cambridge, Maha Abdelrahman, pronta a collaborare con i magistrati italiani

L’Ansa pubblica le dichiarazioni di un portavoce di Cambridge secondo cui la professoressa è pronta a collaborare con i magistrati romani: “Maha Abdelrahman «ha ripetutamente espresso la sua volontà di collaborare appieno con i procuratori italiani»”. Secondo il portavoce, l'Università non ha ancora ricevuto una richiesta formale per la testimonianza della docente ma «confida di riceverne una il più velocemente possibile, come abbiamo ripetutamente sollecitato». Nel frattempo, sottolinea, «sarebbe del tutto inappropriato, e in violazione delle regole processuali, se la dottoressa Abdelrahman parlasse con i media prima di aver reso la sua testimonianza alle autorità italiane».
novembre 2

Nuova richiesta di rogatoria dai pm di Roma per interrogare la supervisor a Cambridge di Regeni

Lo scorso 9 ottobre la Procura di Roma ha trasmesso "alla United Kingdom Central Autorithy (Ukca), l'organo britannico giudiziario di collegamento con le magistrature dei paesi Ue, un ordine europeo di investigazione (...) con cui si chiede l'interrogatorio formale di Maha Abderrahman (ndr la professoressa di Cambridge che supervisionava la ricerca di Regeni in Egitto) e l'acquisizione dei suoi tabulati telefonici, mobili e fissi, utilizzati tra il gennaio 2015 e il 28 febbraio 2016, per ricostruirne la sua rete di relazioni", scrive Repubblica. Il documento (di 12 pagine) dei magistrati romani, in cui sono presenti "evidenze istruttorie acquisite al fascicolo dell'inchiesta", presenterebbe "dettagli inediti" sull'"ambiguità" della professoressa nella gestione del suo rapporto accademico con Regeni, si legge ancora sul quotidiano. Da tempo la Procura di Roma attende di sentire Maha Abderrahman come teste. Nella rogatoria inviata al Regno Unito, la procura di Roma individua i «cinque punti su cui è di massimo interesse investigativo fare chiarezza e relativi al dottorato di ricerca che ha portato Giulio Regeni in Egitto dal settembre 2015»: «1) Chi ha scelto il tema specifico della ricerca di Giulio; 2) Chi ha scelto la tutor che in Egitto avrebbe seguito Giulio durante la sua ricerca al Cairo; 3) Chi ha scelto e con quale modalità di studio la "Ricerca partecipata" (ndr qui un articolo di Laura Cappon in cui si spiega cos'è e come funziona il metodo della "ricerca partecipata"); 4) Chi ha definito le domande da porre agli ambulanti intervistati da Giulio per la sua ricerca; 5) Se Giulio abbia consegnato alla professoressa Abdel Rahman l'esito della sua ricerca partecipata durante un incontro avvenuto al Cairo il 7 gennaio del 2016».
settembre 12

Cairo, ritrovato il Collaboratore degli Avvocati Egiziani Della Famiglia Regeni: è accusato di danneggiare la sicurezza nazionale

Ibrahim Metwally, dopo due giorni di ricerche, è stata ritrovato. Il collaboratore dell’Egyptian Commission for Rights and Freedom, l’organizzazione che in Egitto rappresenta legalmente la famiglia di Giulio Regeni, è detenuto in un edificio dietro il tribunale del 5th Settlement nella periferia est del Cairo, scrive Laura Cappon: "È accusato di danneggiare la sicurezza di Stato tramite la comunicazione con soggetti stranieri e di gestire un’organizzazione formata illegalmente contro la legge e la costituzione egiziana". Mohammed Lotfy, direttore dell’ECRF, ha commentato così la vicenda: «Non abbiamo parole, non possiamo fare altro che prendere atto di queste accuse false e chiedere immediatamente la sua liberazione».
settembre 11

Egitto, scomparso collaboratore dell’organizzazione di avvocati egiziani della famiglia Regeni

Ibrahim Metwaly, uno dei collaboratori dell’Egyptian Commission for Rights and Freedom, l’organizzazione che in Egitto rappresenta legalmente la famiglia di Giulio Regeni, è scomparso. Ahmed Abdallah, il presidente dell'organizzazione, ha lanciato un appello al governo italiano, ha scritto Laura Cappon sul fattoquotidiano.it: «ci deve proteggere, siamo in pericolo perché le autorità egiziane ci hanno dichiarato guerra». "Metwally, – racconta la giornalista – è stato prelevato dalle forze di sicurezza egiziane dall’aeroporto del Cairo mentre aspettava di imbarcarsi su un volo per Ginevra. Avrebbe dovuto partecipare a una conferenza delle Nazioni Unite sui diritti umani e al momento non si hanno notizie sul luogo della sua detenzione".
settembre 4

Alfano: “Egitto partner ineludibile per l’Italia”

«L'Egitto è un partner ineludibile per l'Italia, esattamente quanto l'Italia è un partner imprescindibile per l'Egitto». Con queste parole il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha aperto (qui il video dell'audizione) la sua relazione sui rapporti tra Roma e Il Cairo davanti alle Commissioni esteri riunite di Camera e Senato, dopo circa venti giorni dalla decisione del 14 agosto scorso di inviare l'ambasciatore Gianpaolo Cantini in Egitto. «Dobbiamo prendere atto – ha continuato Alfano – che è oggettivamente impossibile per paesi dirimpettai nel Mediterraneo con così numerose impegnative sfide in comune, non avere un'interlocuzione politica diplomatica di alto livello». Secondo quanto riferito dal ministro degli Esteri, Cantini, che assumerà il proprio incarico il 14 settembre, «contribuirà a promuovere il rafforzamento dell'azione giudiziaria e a intensificare ogni attività utile a progressi nelle indagini» sull'omicidio di Giulio Regeni. Inoltre, tra gli obiettivi della missione diplomatica dell'ambasciatore ci sarà anche quello «di stabilire un rapporto di collaborazione nella capitale egiziana con il collega britannico per fare luce sulla vicenda di Regeni, ricercatore presso l'Università di Cambridge». Alfano infine dichiara che il ricercato torturato e ucciso in Egitto non verrà dimenticato e annuncia varie iniziative, tra cui: «contro l'oblio vorremmo che gli fosse intitolata l'università italo-egiziana, a Giulio sarà intitolato anche l'Auditorium dell'Istituto italiano di cultura al Cairo». Amnesty International Italia, tramite il suo presidente Antonio Marchesi, ha confermato il proprio scetticismo «sul fatto che il ritorno dell’ambasciatore potrà avvicinare la verità sull’assassinio di Giulio Regeni, l’assenza della quale aveva spinto il governo a decidere nell’aprile 2016 il richiamo temporaneo». Infine, Giuliano Foschini su Repubblica scrive che la "svolta" del 14 agosto scorso in ambito giudiziario nella collaborazione tra la procura italiana e quella egiziana e citata da Alfano come causa dell'invio dell'ambasciatore in Egitto in realtà non ci sarebbe: "I poliziotti dello Sco e i carabinieri del Ros stanno ultimando in queste ore la traduzione degli atti arrivati dalla procura generale del Cairo ma quello che doveva emergere è già emerso: i verbali dei dieci agenti della municipale e della National security che in qualche modo hanno avuto a che fare con Giulio Regeni, poche decine di pagine, non contengono alcuna ammissione rilevante, probabilmente molte bugie e poco più".
agosto 15

New York Times: “La sicurezza egiziana ha ucciso Regeni. Le prove erano stato fornite all’Italia”

In un lungo e dettagliato articolo di Declan Walsh, pubblicato dal New York Times, si legge che "nelle settimane dopo la morte di Regeni, gli Stati Uniti ottennero informazioni d’intelligence esplosive dall’Egitto: le prove che la sicurezza egiziana aveva sequestrato, torturato e ucciso Regeni". Informazioni che, scrive ancora il giornalista, "su raccomandazione del dipartimento di Stato e della Casa Bianca, gli Stati Uniti passarono al governo Renzi: ma per evitare di identificare la fonte, gli americani non condivisero l’informazione originale: non dissero quale agenzia della sicurezza egiziana credevano ci fosse dietro la morte di Regeni. «Non era chiaro chi aveva dato l’ordine di sequestrarlo e, probabilmente, ucciderlo», mi ha detto un altro ex funzionario". Inoltre, continua Walsh, "quello che gli americani sapevano per certo, e lo dissero agli italiani, era che la leadership egiziana era pienamente consapevole delle circostanze della morte di Regeni. «Non avevano dubbi che questo fosse noto agli alti vertici», ha detto l’altro funzionario. «Non so se fossero responsabili. Ma lo sapevano. Loro lo sapevano».". Una fonte di Palazzo Chigi, citata da Repubblica, a queste rivelazioni ha ribattuto che "nei contatti tra amministrazione USA e governo italiano avvenuti nei mesi successivi all'omicidio di Regeni non furono mai trasmessi elementi di fatto, come ricorda tra l'altro lo stesso giornalista del New York Times, né tantomeno 'prove esplosive'".  
agosto 14

Alfano: “Presto l’ambasciatore italiano tornerà in Egitto”. La famiglia Regeni: “Una resa”

L'ambasciatore italiano tornerà presto al Cairo. "Alla luce degli sviluppi registrati nel settore della cooperazione tra gli organi inquirenti di Italia ed Egitto sull'omicidio di Giulio Regeni, (...) il governo italiano ha deciso di inviare l'Ambasciatore Giampaolo Cantini nella capitale egiziana", ha comunicato il ministro degli Esteri, Angelino Alfano. L'impegno dell'Italia, ha spiegato Alfano, "rimane quello di fare chiarezza sulla tragica scomparsa di Giulio, inviando a Il Cairo un autorevole interlocutore che avrà il compito di contribuire, tramite i contatti con le  autorità egiziane, al rafforzamento della cooperazione giudiziaria e, di conseguenza, alla ricerca della verità". In un comunicato la famiglia Regeni ha espresso "indignazione per le modalità, la tempistica ed il contenuto della decisione del Governo italiano di rimandare l'ambasciatore al Cairo": "Ad oggi, dopo 18 mesi di lunghi silenzi e anche sanguinari depistaggi, non vi è stata nessuna vera svolta nel processo sul sequestro, le torture e l'uccisione di Giulio. Solo quando avremo la verità l'ambasciatore potrà tornare al Cairo senza calpestare la nostra dignità. La decisione di rimandare ora, nell'obnubilamento di ferragosto, l'ambasciatore in Egitto ha il sapore di una resa confezionata ad arte". Repubblica ha poi pubblicato un retroscena in cui vengono fornite le indicazioni presenti nella lettera d'incarico che il nuovo ambasciatore in Egitto dovrà seguire: "nella missiva un intero capitolo è dedicato al caso Regeni: Cantini arriverà in Egitto affiancato da una figura specifica che gestirà la cooperazione giudiziaria e investigativa con la procura generale del Cairo. Non è ancora stato deciso se si tratterà di un magistrato o di un ufficiale di polizia giudiziaria".
agosto 14

Nuovi documenti dall’Egitto. Procura di Roma: “Fatto passo in avanti”

La procura del Cairo ha trasmesso ai magistrati romani gli atti relativi a un nuovo interrogatorio cui sono stati sottoposti i poliziotti che hanno avuto un ruolo negli accertamenti sulla morte di Giulio Regeni, riporta l'Ansa. La consegna viene considerata "un passo avanti nella collaborazione", come viene sottolineato in una nota congiunta delle due procure. Il procuratore egiziano ha inoltre spiegato che è stata affidata a una società esterna l'attività di recupero dei video della metro. Durante la telefonata, è stato concordato un nuovo incontro tra i due uffici, che sarà organizzato dopo la riunione di settembre.
gennaio 24

I genitori di Giulio: «Siamo inarrestabili nel volere la verità»

Claudio Regeni e Paola Deffendi, i genitori di Giulio Regeni, hanno rilasciato (tramite il loro avvocato) un'intervista al quotidiano il Piccolo in cui, tra le altre cose, ribadiscono di attendere «giustizia e verità. Tutta» e ripetono la propria fermezza: «Sappiamo essere pazienti ma siamo inarrestabili».
gennaio 23

Pubblicato il video dell’incontro tra Giulio e il sindacalista Abdallah che lo denunciò come spia

Una tv di stato egiziana ha trasmesso un video, girato all'oscuro del ricercatore italiano, in cui si vede Giulio Regeni parlare in arabo con Mohamed Abdallah, capo del sindacato degli ambulanti egiziani, che, il 27 dicembre scorso, ha dichiarato all'edizione araba dell'Huffington Post, di aver denunciato Regeni alle forze di sicurezza sospettandolo di essere una spia. Il filmato è stato girato il 6 gennaio 2016 e, riporta l'Ansa, sarebbe stato fatto "con una apparecchiatura in dotazione alla polizia del Cairo nascosta in un bottone della camicia di Abdallah". Un elemento che "per chi indaga in Italia sull'omicidio del ricercatore friulano – riporta ancora l'agenzia stampa – conferma il coinvolgimento della polizia nella realizzazione del video". Sul punto, scrive Laura Cappon sul Fatto Quotidiano, "i servizi egiziani hanno ammesso di aver ricevuto, ma non di aver richiesto questo video e sostengono che Abdallah abbia deciso di riprendere furtivamente il ricercatore italiano di sua iniziativa". Il sindacalista egiziano a sua volta, intervistato telefonicamente da Amedeo Ricucci del Tg1, ha negato che il video gli sia stato commissionato dalle forze di sicurezza del Cairo. Viviana Mazza sul Corriere della Sera scrive che il filmato diffuso in Egitto è stato manipolato per far sembrare Regeni una spia e "gettare un'ombra sulle attività di Regeni e scagionare l'Egitto da ogni responsabilità nella sua morte". In quello originale fornito dalla procura di Roma alla stampa italiana si vede (qui la trascrizione del dialogo) Abdallah che, venuto a sapere di un finanziamento legato a un bando della fondazione britannica Antipode per progetti di "valore sociale" nelle aree sotto sviluppate, chiede al ricercatore italiano soldi per la sua famiglia. Regeni risponde in modo chiaro di non poter utilizzare quel denaro «a mio piacimento perché sono un accademico» e, nel corso della discussione, sottolinea anche il perché della sua presenza in Egitto: «Sono un ricercatore e mi interessa procedere nella mia ricerca - progetto. Il mio interesse è questo».
2016
dicembre 7

Dal Cairo tutta la documentazione ai magistrati italiani

La Procura di Roma e del Cairo, le due autorità giudiziarie che stanno indagando sull'omicidio di Giulio Regeni, in un comunicato congiunto, hanno scritto che "i magistrati della procura generale egiziana hanno consegnato tutta la documentazione richiesta dalla procura di Roma con la rogatoria del settembre scorso". La delegazione egiziana, durante il vertice in Italia sul caso Regeni, ha così fornito "il verbale delle dichiarazioni rese dal capo dei sindacati indipendenti degli ambulanti del Cairo da cui emerge come lo stesso abbia spontaneamente riferito alla polizia dei contatti da lui avuti con Giulio Regeni fino al 22 gennaio 2016". I magistrati italiani hanno ricevuto anche "un video dell'incontro avvenuto ai primi di gennaio tra Regeni e il capo dei sindacati indipendenti degli ambulanti del Cairo realizzato da quest'ultimo".
novembre 1

Egitto, i magistrati italiani ottengono i documenti di Giulio

Una delegazione della Procura di Roma è stata ricevuta al Cairo dal procuratore generale egiziano. Nel corso dell'incontro, si legge in comunicato congiunto dei due uffici giudiziari, "sono stati richiesti dalla Procura della Repubblica di Roma i documenti della vittima rinvenuti il 24 marzo, che sono stati immediatamente consegnati". Si tratta dei documenti (il passaporto, due tesserini universitari e bancomat) di Giulio Regeni trovati, nel marzo scorso, nell'abitazione della sorella di uno degli uomini indicati inizialmente dalla polizia egiziana come appartenente a un presunto gruppo criminale di 5 persone, uccise poi in un conflitto a fuoco. La donna ha però affermato, successivamente, che quei documenti sono stati portati a casa sua dagli agenti egiziani durante una perquisizione.
settembre 12

Liberato consulente in Egitto della famiglia Regeni: “Incarcerato per aver difeso Giulio”

Da persona libera (su cauzione) Ahmed Abdallah, consulente legale in Egitto della famiglia Regeni, in un'intervista a La Stampa, afferma che il vero motivo del suo arresto avvenuto il 25 aprile scorso era stato il suo impegno nel caso del ricercatore italiano: «mi hanno preso per Regeni. I poliziotti dell’ultima prigione in cui sono stato in isolamento non sapevano neppure cosa facessi o di cosa fossi presidente (ndr cioè della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecfr)), menzionavano solo Regeni». Negli interrogatori subiti il consulente spiega che «volevano sapere cosa avessi a che fare con Regeni, dicevano che la mia relazione con lui faceva di me un soggetto pericoloso. Ma io non gli ho mai risposto, nulla». Inoltre, Abdallah denuncia anche di essere stato picchiato mentre era in prigione: «volevano che consegnassi loro il mio iPhone. Sapevano che ne avevo uno e lo nascondevo, colpivano duro sulle spalle, ma non hanno ottenuto nulla».  
settembre 9

Nuovo vertice a Roma tra pm italiani ed egiziani: “Polizia del Cairo indagò sul ricercatore per 3 giorni”

Al termine del vertice svoltosi a Roma tra i magistrati italiani e quelli egiziani, una nota congiunta sancisce "l'impegno da parte dei due uffici a proseguire nello scambio di atti e informazioni al fine di pervenire all'obiettivo comune e cioè accertare la verità sulla morte di Giulio Regeni", riporta Repubblica.  Il procuratore egiziano, Nabeel Sadek, ha dichiarato "di aver accertato che la polizia del Cairo, in data 7 gennaio 2016, ha ricevuto dal Capo del sindacato indipendente dei rivenditori ambulanti un esposto su Regeni a seguito del quale la polizia ha eseguito accertamenti sull'attività dello stesso". Verifiche durate tre giorni che però, sempre secondo quanto riferito da Sadek, non hanno  riscontrato "alcuna attività di interesse per la sicurezza nazionale e, quindi, sono cessati gli accertamenti". Per quanto riguarda i tabulati telefonici,  la procura egiziana non ha consegnato i dati grezzi ma una "completa e approfondita relazione sull'esame del traffico delle celle che coprono l'area della zona della scomparsa e del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni". I magistrati italiani hanno invece consegnato il personal computer del ragazzo e i dati sulle conversazioni che ha avuto in Italia nel periodo natalizio prima della sua partenza per l'Egitto. C'è stato anche l'impegno comune per il recupero dei video di sorveglianza delle metropolitane utilizzate da Regeni il giorno della sua scomparsa.
settembre 7

Cambridge invia documenti alla Procura di Roma

L'agenzia Ansa scrive che ai pm romani sono arrivati documenti da Cambridge sull’attività svolta da Giulio Regeni per conto dell’Università. Un'altra tranche di materiali dovrebbe arrivare dal College di Girton, altra struttura dell’Università britannica nella quale studiava il ragazzo italiano.  
settembre 7

Nuove rivelazioni sull’autopsia italiana sul corpo di Giulio Regeni

I media pubblicano nuove rivelazioni sull'autopsia svolta in Italia mesi fa sul corpo di Giulio Regeni. Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera scrive che il documento «nella sua crudezza fornisce ulteriori elementi per smentire, una volta di più, la tesi della rapina degenerata in omicidio ad opera della banda criminale annientata nel marzo scorso, nel blitz da cui saltarono fuori il passaporto e altri effetti personali del giovane ricercatore friulano». Le ferite individuate dai medici legali, in punti diversi del corpo, sarebbero superficiali e sembrano comporre lettere dell’alfabeto (apparentemente slegate tra loro). Un altro elemento emerso sarebbe «le imponenti lesioni cranico-cervico-dorsali» che hanno provocato la morte del ragazzo italiano. La famiglia Regeni, commentando il referto, afferma che quanto emerso rivela il «totale disprezzo per Giulio e le violazioni estreme e ostentate di tutti i suoi diritti». La speranza, dicono i suoi genitori, è che il corpo della vittima «possa aiutare a fare luce sui suoi assassini, come in passato ci ha aiutato a evitare i depistaggi, per esempio documentando che non c’erano tracce di uso di droghe o alcol».        
agosto 26

Egitto, liberato l’avvocato che denuciò la scomparsa di Regeni

Liberato l'avvocato egiziano Malek Adly, tra i primi a denunciare la scomparsa del ricercatore italiano. L'uomo era stato arrestato ai primi di maggio in connessione con le proteste per la cessione del governo delle isole Tiran e Sanafir all'Arabia Saudita. Era stato accusato di incitamento alla protesta, diffusione di false notizie e minaccia alla stabilità e all'unità nazionale.
agosto 22

La famiglia Regeni contro Al Sisi

Il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi, in un incontro con i giornalisti locali, ha sottolineato «apprezzamento per i commenti positivi del presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi», sostenendo che «in Italia comprendono che stiamo collaborando con loro e che siamo desiderosi di scoprire la verità». I genitori di Giulio Regeni hanno commentato – attraverso il loro legale – le parole del presidente egiziano: «Non capiamo a quali dichiarazioni positive faccia riferimento Al Sisi né a quale solidarietà alluda, atteso che ad oggi le indagini sono ancora in una fase di stallo e nessuna risposta concreta ci è stata fornita dalle autorità egiziane».
agosto 10

Il Senatore Barani (Ala) in Egitto: “Renzi lo sa che il governo egiziano è innocente”

In visita al Cairo, accompagnato da una ristretta delegazione di imprenditori italiani, il senatore Lucio Barani, capogruppo di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie (Ala), ha detto che il governo egiziano non ha alcuna responsabilità nell’uccisione di Giulio Regeni, elogiando gli sforzi egiziani per scoprire la verità. Parole che in Egitto hanno avuto risonanza, perché, spiega Brahim Maarad sull’Espresso, «al Cairo, Barani viene presentato in più occasioni come capogruppo della maggioranza parlamentare di Roma e quindi ogni sua affermazione viene ripresa, in particolare dai mezzi filogovernativi, come dichiarazioni ufficiali del governo italiano». Intanto, il governo egiziano ha approvato cinque accordi di esplorazione e perforazione per gas e greggio con alcuni gruppi stranieri, in vista del voto finale del Parlamento, tra i quali ci sono Eni ed Edison.
agosto 3

Caso Regeni: Cambridge respinge le accuse di Matteo Renzi

Contatto da Repubblica, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha definito "inspiegabile" la poca collaborazione dei docenti di Cambridge con le autorità giudiziarie italiane, chiedendo alla premier britannica Teresa May «di spendere la sua autorevolezza nel chiedere ai docenti di Cambridge di collaborare con le autorità giudiziarie italiane». Riguardo questa richiesta, scrive il Guardian, il governo britannico si è rifiutato di commentare non fornendo alcun dettaglio. Un portavoce dell'Università di Cambridge, sentito da Cambridge news, ha però respinto quanto sostenuto da Renzi, dicendo che l'Università ha collaborato pienamente e che vorrebbe continuare a farlo, ribadendo quanto già dichiarato ufficialmente sia a Valigia Blu che al Guardian nei mesi scorsi.
luglio 25

Fiaccolata per Giulio Regeni a sei mesi dalla sua scomparsa

A sei mesi dalla scomparsa del ricercatore italiano al Cairo, si è svolta una fiaccolata in suo ricordo a Roma, davanti al Pantheon. Riccardo Noury, presidente di Amnesty International Italia, tra gli organizzatori dell'iniziativa, ha detto: «Con questa manifestazione vogliamo ridare luce alla campagna per Giulio Regeni che purtroppo non ha ancora ottenuto alcun risultato. Il governo italiano non dimentichi Giulio. Chiediamo ai due governi di fare il massimo. A quello egiziano di dire la verità e a quello italiano di pretenderla». Durante il sit-in sono intervenuti, in collegamento telefonico, anche i genitori di Giulio Regeni: «Sono trascorsi ormai sei mesi dalla sparizione del nostro Giulio. Siamo qui a chiedere sempre più forte verità e giustizia».
luglio 13

Rapporto Amnesty sull’Egitto: centinaia di persone scomparse e torturate

Un nuovo rapporto di Amnesty International rivela similitudini tra i segni di tortura sul corpo di Giulio Regeni e quelli sugli egiziani morti in custodia dello stato. Ciò lascia supporre - scrive Amnesty - che la sua morte sia stata solo la punta dell'iceberg e che possa far parte di una più ampia serie di sparizioni forzate ad opera dei servizi d'intelligence in tutto il paese.
giugno 30

Emendamento “Regeni”: Parlamento blocca forniture F-16 all’Egitto

Il Senato approva un emendamento cosiddetto "Regeni" che prevede l'interruzione della fornitura gratuita di pezzi di ricambio, per gli aerei F-16, all'aviazione militare egiziana. Pochi giorni prima, riporta La Stampa, il Ministero dello Sviluppo Economico concede a un'azienda italiana l'autorizzazione per l’esportazione di una tecnologia di sorveglianza del traffico internet in Egitto. Il cliente finale è il Technical Research Department (TRD) e si tratterebbe «di un’unità opaca, autonoma e priva di controlli democratici dell’intelligence e degli apparati egiziani». Amnesty Italia definisce "un primo passo" l'emendamento votato al Senato, ma chiede anche di sospendere tutte le forniture militari e di software per la sorveglianza all’Egitto.
giugno 25

Amnesty, twitter action per chiedere #VeritàperGiulioRegeni

Il 25 e 26 giugno, a cinque mesi dalla scomparsa del ricercatore friulano e in occasione della Giornata internazionale per le vittime di tortura, Amnesty International organizza una mobilitazione on line per riportare al centro dell'attenzione il caso Regeni. Amnesty chiede a tutti di inviare il proprio tweet a @matteorenzi e @paologentiloni per chiedere #VeritàperGiulioRegeni
giugno 23

Ministero Esteri egiziano contro Amnesty International Italia

Abu Zeid, portavoce del ministero degli Esteri egiziano, critica Amnesty International per il suo attacco all’Egitto. Abu Zeid dichiara di essere sorpreso che nella lettera inviata da Amnesty al ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, non si faccia minimamente cenno all’Università di Cambridge e al suo rifiuto di collaborare con gli investigatori italiani.  
giugno 18

Vice Ministro degli Affari esteri contro Cambridge: “Vergognatevi”

Nonostante Cambridge abbia smentito le accuse di mancata collaborazione con i magistrati e nonostante la Procura abbia successivamente confermato la versione dell'università inglese, il vice ministro degli Affari Esteri accusa pubblicamente Cambridge in un tweet, scrivendo loro di vergognarsi. Il Guardian titola: "Il Governo italiano attacca Cambridge". Il giorno successivo, Cambridge sempre sul Guardian smentisce le "false dichiarazioni" di Giro. Qui il comunicato ufficiale sul sito dell'Università.  
giugno 17

La Procura di Roma conferma la versione di Cambridge

La Procura di Roma rilascia una dichiarazione all'Ansa in cui sostanzialmente conferma la versione di Cambridge e precisa che la rogatoria era verso singoli docenti. Ufficialmente, un solo docente di Cambridge è stato sentito dalla Procura e si tratta di Maha Abdrerrahman, che secondo la stessa Procura avrebbe risposto via mail alle loro domande, anche se per gli inquirenti le risposte non sono soddisfacenti e non chiariscono i dubbi. Chi siano le altre persone sentite ancora non si sa.
giugno 16

Cambridge risponde a Valigia Blu: “Mai rifiutati di collaborare”

"L'Università di Cambridge non si è mai rifiutata di collaborare con le autorità italiane" e "non ha ricevuto alcuna richiesta di informazioni da parte di pubblici ministeri italiani". Queste sono le dichiarazioni ufficiali dell'università inglese a Valigia Blu.   
giugno 15

La madre di Giulio: “Azioni, non commemorazioni”

Parlando alla commissione Diritti Umani del parlamento di Bruxelles, Paola e Claudio Regeni chiedono espressamente al governo italiano e all’Unione europea di dichiarare l'Egitto paese non sicuro e di richiamare gli ambasciatori degli Stati membri dal Cairo. “Tutti mi chiedono cosa fa il governo, cosa fa l'Unione europea io dico: basta commemorazioni, ora azioni". La madre di Giulio ha detto di sentire solo il vuoto da parte delle autorità italiane: "Abbiamo una documentazione di 266 foto, non vorremmo mostrarle mai". I Regeni hanno detto di essere in possesso anche di 225 pagine di relazione sull'autopsia. Renzi risponde: "Il nostro impegno continua".  
giugno 14

Sinistra Italiana propone una commissione d’inchiesta parlamentare

Sinistra italiana propone una “commissione di inchiesta monocamerale” sul caso di Giulio Regeni, composta da 20 deputati, che abbia “poteri analoghi alla magistratura ordinaria” e che non si sovrapponga al lavoro della Procura di Roma.
giugno 14

Teorie complottiste contro Cambridge

A quattro mesi dal ritrovamento del giovane ricercatore italiano, le indagini sull’assassinio sono ferme. Intanto sui media è scoppiata nuovamente la polemica sulla responsabilità della morte di Giulio Regeni da parte dell'università inglese dove studiava. Dopo il rifiuto da parte di alcuni docenti di Cambridge di rispondere alla domande degli inquirenti italiani, infatti, sono state avanzate accuse che hanno nuovamente scatenato teorie complottiste, basate su sospetti e non su fatti.  
giugno 8

Media italiani: “L’Università di Cambridge non collabora”

Tra il 7 e l'8 giugno diversi articoli sui media italiani raccontano che l’Università di Cambridge non starebbe collaborando alle indagini e che i docenti che supervisionavano i lavori di Regeni non avrebbero voluto rispondere alle domande dei magistrati italiani sulle ricerche sui sindacati egiziani. Inoltre, in un articolo on line (in inglese) del 7 giugno l’Ansa scriveva che, secondo fonti giudiziarie, i docenti si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del pubblico ministero di Roma Sergio Colaiocco, i funzionari dello Sco e gli ufficiali dei Ros, andati in Inghilterra per interrogarli con rogatorie internazionali.
giugno 6

Paola Regeni commemora Giulio all’Università di Cambridge

Paola Regeni interviene a una commemorazione organizzata dall’Università di Cambridge. Nel discorso tenuto all’università inglese, la madre di Giulio chiede verità, giustizia e collaborazione fattiva per dare una risposta alla crudeltà gratuita che ha sottratto agli affetti e alla comunità scientifica il giovane ricercatore friulano.
maggio 27

La madre di Regeni lancia un appello

La madre di Giulio, Paola Defendi Regeni, lancia un appello: "Tutti quelli che sanno, hanno visto o sentito cosa è successo a Giulio in quei terribili otto giorni, lo dicano". Sulla carta non ci sono spiegazioni logiche del motivo che impedisce al presidente Abdel Fattah al Sisi di rispondere alla richiesta di collaborazione da parte dell’Italia, suo maggiore partner economico nella Ue. Dell’azione politica del governo Renzi sull’Egitto si sono perse le tracce.
maggio 25

Quattro mesi dopo, tutto fermo

A quattro mesi dalla morte di Giulio Regeni, il bilancio giudiziario è fermo in attesa di sviluppi che possano venire una volta terminata la traduzione dei documenti. Sul piano politico la situazione è, se possibile, anche peggiore. L’8 aprile, all’esito del pressoché inutile incontro romano tra inquirenti e investigatori dei due paesi, il ministro degli Esteri richiamò a Roma l’ambasciatore per consultazioni; dopodiché il rappresentante diplomatico è stato sostituito, ma le relazioni sono di fatto interrotte. Da allora il governo non ha fatto nessuna ulteriore mossa.  
maggio 11

Nuovo ambasciatore italiano in Egitto

Viene nominato il nuovo ambasciatore in Egitto. È Giampaolo Cantini, ex Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo della Farnesina. Per ora non ancora insediato al Cairo.
aprile 24

Arrestato in Egitto consulente della famiglia Regeni

Viene arrestato in Egitto Ahmed Abdallah, presidente del consiglio d'amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf), una ong offre attività di consulenza sul caso alla famiglia Regeni, che fa sapere di essere "angosciata" per l'arresto dell'avvocato. Le accuse per Abdallah sono di istigazione alla violenza per rovesciare il governo, adesione a un gruppo "terroristico" e promozione del "terrorismo".
aprile 15

Proteste al Cairo contro il Governo

Al grido di "via Sisi", "la terra ci appartiene" e altri slogan scanditi durante la primavera araba del 2011, tantissimi egiziani scendono in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Abdul Fattah Al Sisi. Almeno 100 persone sarebbero state arrestate. Per molti il governo ha gestito male una serie di crisi: dall'indagine sull'uccisione di Giulio Regeni che ha richiamato l'attenzione sulle denunce di brutalità da parte delle polizia, alla bomba che ha colpito l'aereo di linea russo nella penisola del Sinai lo scorso ottobre.
aprile 7

L’Italia ritira l’ambasciatore in Egitto

Il 7 e 8 aprile si tiene il primo vertice tra le autorità italiane e quelle egiziane: l'incontro si rivela un sostanziale fallimento. Dal comunicato diramato dalla Procura di Roma emerge la forte delusione di inquirenti e investigatori che non hanno viste soddisfatte le richieste avanzate per rogatoria l'8 febbraio scorso. Di fatto la collaborazione con l'autorità giudiziaria egiziana è interrotta. L'Italia richiama l'ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari.
marzo 29

I genitori di Giulio Regeni in Parlamento

I genitori di Regeni partecipano a una conferenza stampa in Senato con Luigi Manconi, presidente della Commissione per i diritti umani, gli avvocati Alessandra Ballerini e Gianluca Vitale e il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. La madre del ricercatore ha chiesto un'azione forte del governo italiano: "È dal 25 sera quando è scomparso Giulio che attendiamo una risposta".
marzo 25

Nessun legame tra i sequestratori e l’omicidio Regeni

I siti dei giornali 'Al Masry Al Youm' e 'Al Shourouk' smentiscono il legame della banda di criminali con il caso di Giulio Regeni. Come fa anche il quotidiano filogovernativo Al-Ahram. Gli investigatori italiani presenti in Egitto hanno espresso forti dubbi sulla veridicità della versione ufficiale e attendono l'esito di ulteriori indagini. 
marzo 24

Morti i presunti sequestratori di Regeni

Il ministero dell’Interno annuncia che sono stati uccisi cinque sequestratori legati alla morte di Regeni (tre giorni dopo lo stesso ministro farà dietrofront e negherà). Nell’abitazione della sorella del capobanda sarebbe stata trovata una borsa con all’interno i documenti di identità del ricercatore italiano. Il ministro dell’Interno egiziano pubblica la foto su Facebook.
marzo 14

Pm italiani invitati al Cairo

Gli inquirenti italiani che stanno indagando sull’omicidio del giovane ricercatore si recano al Cairo per essere informati degli ultimi sviluppi investigativi relativi alla morte di Regeni. Si tratta di un cambio di rotta da parte delle autorità egiziane, rispetto a pochi giorni prima. Da ora in poi sarà il Procuratore Generale della Repubblica Araba d'Egitto, Nabil Ahmed Sadek, l'unico interlocutore dei magistrati romani che indagano sull'omicidio.
marzo 10

Ue: “Stop alla cooperazione con l’Egitto”

Il Parlamento europeo approva una risoluzione ‘bipartisan’ — presentata da tutti i gruppi (escluso lo Efn di Le Pen e Salvini) — in cui si “condanna con forza la tortura e l’assassinio del cittadino europeo Giulio Regeni” in Egitto. Gli eurodeputati chiedono al Cairo di fornire alle autorità italiane tutti i documenti e le informazioni necessarie. Nel testo viene raccomandata anche la sospensione di aiuti militari e assistenza all’Egitto.
marzo 8

Egitto: “L’inchiesta la conduciamo noi”

Il procuratore aggiunto di Giza, Hassam Nassar, chiarisce ai cronisti di Repubblica in Egitto il tenore della cooperazione investigativa italo-egiziana sulla morte di Giulio Regeni: "L’inchiesta la conduco io. E la polizia egiziana. Con la magistratura italiana scambiamo informazioni". Il procuratore ha inoltre rivelato tre particolari, da lui stesso definiti “certezze”, emersi dall’inchiesta: Giulio Regeni sarebbe morto non più tardi delle 24 ore precedenti il ritrovamento del suo corpo. Le violenze che ha subito sarebbero state inflitte tutte in un’unica soluzione tra le 10 e le 14 ore precedenti la sua morte. Infine, secondo le indagini finora svolte, Regeni il giorno della sua scomparsa era all’interno della stazione della metropolitana di El Behoos.
marzo 7

L’Egitto non consegna i documenti richiesti

Gli atti trasmessi finora dall’autorità giudiziaria egiziana a quella italiana sono incompleti e insufficienti, secondo la Procura di Roma. Mancano i verbali di alcune testimonianze, i dati delle celle telefoniche e i video delle telecamere di sorveglianza di metropolitane e negozi del quartiere nel quale Regeni viveva e dal quale è sparito il 25 gennaio scorso. Documenti dei quali la procura di Roma aveva fatto esplicita richiesta.
marzo 2

Arrivano i primi documenti dall’Egitto

Arrivano all’ambasciata italiana al Cairo i primi materiali investigativi richiesti nelle scorse settimane dalla Procura di Roma. Si tratta di informazioni relative a interrogatori di testimoni da parte delle autorità egiziane, al traffico telefonico del cellulare di Giulio Regeni e a una parziale sintesi degli elementi emersi dall’autopsia. Mancano però ancora all’appello altri materiali informativi richiesti.
marzo 1

Reuters: “Torturato per giorni”

Reuters riporta una dichiarazione del direttore del dipartimento di medicina forense del Cairo, Hisham Abdel Hamid, in merito all'autopsia condotta in Egitto. Secondo quanto appreso dall'agenzia di notizie, Giulio Regeni è stato torturato per cinque-sette giorni, tre volte, con intervalli di 10-14 ore, prima di morire. Il ministero della Giustizia del Cairo smentisce questa ricostruzione, aggiungendo che Abdel Hamid non avrebbe reso nessuna deposizione. Il ministero non ha però smentito i dettagli sulla modalità delle torture rivelati all’agenzia.
febbraio 26

Fonti della Procura: “Ucciso per i suoi studi”

Secondo indiscrezioni interne alla Procura di Roma, il movente dell’omicidio sarebbe da individuare nell'attività di studio che Regeni stava portando avanti al Cairo. I giudici italiani hanno richiesto le password alle società che gestiscono i maggiori social network, per provare a ricostruire gli spostamenti effettuati dal ricercatore con la geolocalizzazione.
febbraio 25

Sit-in davanti all’ambasciata egiziana a Roma

La Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili, Associazione Antigone e Amnesty Italia organizzano un sit-in davanti all'ambasciata egiziana a Roma, per tenere alta l’attenzione a poco meno di un mese dall’uccisione del giovane ricercatore.    
febbraio 24

Egitto: “Ucciso per una vendetta personale”

Il ministero dell'Interno egiziano diffonde una nota nella quale sostiene il movente della "vendetta personale". Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, risponde poche ore dopo chiedendo che tutti i documenti sonori, i filmati e gli atti della procura di Giza vengano consegnati immediatamente agli agenti italiani.  
febbraio 15

Petizione dei ricercatori al Parlamento inglese

Hannah Waddilove, una ricercatrice all’università di Warwick, e Neil Pyper, accademico e amico di Giulio, chiedono sostegno per la petizione al Parlamento inglese per un’indagine indipendente e imparziale. L’omicidio di Giulio Regeni, scrivono i due universitari, è una violazione della libertà accademica. È responsabilità del governo rispondere quando la libertà di fare ricerca è violata.
febbraio 13

New York Times: “Regeni preso da alcuni agenti di polizia”

Tre fonti egiziane coinvolte nelle indagini sull'omicidio riferiscono al New York Times che Regeni sarebbe stato "preso" da alcuni agenti di polizia al Cairo lo scorso 25 gennaio. Secondo una delle fonti, Regeni sarebbe stato portato via perché avrebbe reagito in maniera brusca agli agenti che lo avevano fermato.
febbraio 12

Si celebrano i funerali di Giulio Regeni

febbraio 10

Scartata l’ipotesi della rapina

Secondo l’informativa arrivata alla Procura di Roma dall’Egitto, Regeni frequentava ricercatori, docenti, giovani attivisti e non vi è nessun elemento che colleghi la morte a una rapina
febbraio 10

Il responsabile egiziano per le indagini è un torturatore condannato

L’agente investigativo in Egitto a cui è stato affidato il caso di Regeni è Khaled Shalabi, condannato dal tribunale penale di Alessandria nel 2003 per aver falsificato un rapporto di polizia e aver torturato a morte un uomo, scrive l'attivista dei diritti umani Mona Seif. La pena di un anno di carcere è stata poi sospesa. 
febbraio 9

“Regeni non apparteneva ai servizi segreti”

Rispondendo a un’interrogazione alla Camera sulla morte al Cairo del ricercatore italiano, Benedetto della Vedova, sottosegretario di Stato per gli affari esteri, smentisce che Regeni appartenesse ai servizi segreti italiani. Dal Cairo, intanto, il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, ribadisce che l’Egitto non è coinvolto.
febbraio 9

Primo rapporto della Procura di Roma

Lo scorso dicembre, Regeni aveva partecipato al Cairo a un incontro presso il Centro Servizi per i Lavoratori e i Sindacati, cui avevano preso parte esponenti locali del sindacato indipendente.  
febbraio 9

Scomparso il cellulare del ricercatore

Il computer portatile di Giulio Regeni è nelle mani degli inquirenti di Roma. Non è stato invece ritrovato il suo cellulare.  
febbraio 8

Petizione #JusticeForGiulio

Gli amici di Giulio Regeni lanciano una petizione su Change.org per chiedere verità e giustizia sulla sua morte. Inoltre, più di 4.600 docenti universitari di tutto il mondo firmano una lettera aperta, chiedendo un’indagine sul crescente numero di sparizioni forzate in Egitto e la verità dietro l’uccisione del ricercatore italiano.
febbraio 8

L’Egitto respinge le accuse di coinvolgimento

Il ministro dell’Interno egiziano, Magdi Abdel Ghaffar, respinge le accuse di un coinvolgimento della polizia nell’omicidio: "Ci sono diverse voci che si ripetono sulle pagine dei giornali che insinuano che possano esserci le forze di sicurezza dietro all’incidente. È inaccettabile. Questa non è la nostra politica".
febbraio 8

La Procura di Roma ascolta i genitori di Regeni

Il team di forze dell’ordine italiane mandato nei giorni scorsi al Cairo attende di entrare in possesso della documentazione dell’inchiesta egiziana. Intanto in Italia, i pm della Procura di Roma ascoltano i genitori di Regeni: il figlio non avrebbe mai fatto cenno a rischi imminenti per la propria incolumità, sebbene fosse consapevole di trovarsi in una realtà difficile dal punto vista politico.
febbraio 7

Viene effettuata l’autopsia

L'autopsia conferma che Regeni è morto in seguito a una frattura della vertebra cervicale, provocata da un violento colpo al collo. Sul corpo sono stati riscontrati segni di tortura.
febbraio 6

La salma di Giulio Regeni arriva in Italia

febbraio 5

L’Italia manda gli investigatori in Egitto

Gli investigatori italiani partono per collaborare con la polizia egiziana. Il Ministro dell'Interno Angelino Alfano: "Sono convinto che al Sisi (Presidente della Repubblica egiziana) non si sottrarrà alla collaborazione e che i buoni rapporti con l’Egitto siano un fluidificante per aiutare nella ricerca della verità".
febbraio 4

Molta confusione sulle cause della morte

Arriva la conferma: il corpo trovato è quello di Regeni. C’è però molta confusione sulle cause. Secondo il procuratore egiziano, sul corpo del ragazzo ci sarebbero segni di tortura, mentre il direttore dell’Amministrazione generale delle indagini di Giza dice che le indagini preliminari parlano di un incidente stradale. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni chiede “verità”. La Procura di Roma apre un'indagine per il reato di omicidio.
febbraio 3

Ritrovato il corpo di Giulio Regeni

Viene ritrovato il corpo di Giulio Regeni in un fosso al Cairo in una zona periferica della città. La conferma da parte delle autorità arriverà nelle ore successive.
febbraio 1

Su twitter l’hashtag #whereisgiulio

Su Twitter amici, conoscenti, colleghi, utenti chiedono e inviano informazioni utilizzando l’hashtag #whereisgiulio.
gennaio 25

Scompare Giulio Regeni

Scompare al Cairo il ricercatore italiano Giulio Regeni, studente di dottorato all'Università di Cambridge.

24 Giugno 2016